TEATRI, ANFITEATRI E
CIRCHI DI ROMA ANTICA
LE PIU' FASTOSE COSTRUZIONI DEGLI
ANTICHI ROMANI,
ANDIAMO A SCOPRIRLE
INTRODUZIONE
Nella Roma antica la costruzione dei teatri poteva avvenire solo per motivi religiosi, così gli spettacoli teatrali, quelli egli anfiteatri (lotte di gladiatori, naumachie) e quelli circensi (corse di cavalli, parate, processioni) coincidevano sempre con festività religiose. Tutto ciò perchè si riteneva che gli spettacoli teatrali portassero a comportamenti contrari alla morale.
Grazie agli storici Livio, Tacito e Plinio si ha notizie di teatri in legno costruiti in Campo Marzio o sul Palatino. Roma ebbe, nel suo periodo imperiale tre teatri: il teatro di Pompeo, il primo ad essere edificato, il teatro di Marcello, l'unico ad essere ancora in piedi e il teatro di Balbo.
A Roma esistevano altre forme di spettacolo che, seppure non rientrano propriamente nella storia del teatro, sono importanti per definire la storia dello spettacolo nelle sue diverse forme.
Il teatro romano – considerato nella sua struttura architettonica – aveva una forma ben definita e diversa dal teatro greco da cui deriva. Il teatro dell’antica Grecia, sempre una costruzione a cielo aperto, era formato di tre parti ben distinte: la cavea, settore circolare nella quale erano le gradinate, addossata a una collina per sfruttarne il pendio naturale; la scena costruzione allungata di fronte alla cavea e ad un livello più alto dell’orchestra, utilizzata come fondo scenico; l’orchestra, tra la cavea e la scena era lo spazio per il coro, al centro l’altare di Dioniso.
La novità architettonica portata dai romani era che la sua struttura era totalmente autonoma e autoportante, fondata su una fitta rete di murature radiali e concentriche. Le gradinate semicircolari della cavea poggiano ora su archi e volte in muratura e sono collegate alla scena da loggiati laterali. Questo permette di dotare il teatro di una facciata esterna ornata e monumentale. L’uso della scena diviene più complesso per l’uso di macchine teatrali, compare il sipario e il velario è usato per riparare dal sole.
Il teatro latino è una delle più grandi espressioni della cultura della Roma antica, era fortemente caratterizzato nella forma dell'intrattenimento era spesso incluso nei giochi in occasione di feste religiose. La provenienza di molti testi era di origine greca, sia in forma di vere e proprie traduzioni, sia sotto forma di rielaborazioni mescolati ad elementi del teatro etrusco. Spesso i testi erano censurati per impedire riferimenti alla vita politica, erano esaltati il gusto della gestualità e della mimica.
Agli spettacoli teatrali potevano assistere tutti, l'ingresso era gratuito.
Nel 240 a.C. Livio Andronico, liberto di origine greca, fa rappresentare il primo spettacolo teatrale. Prima di quella data esistevano degli spettacoli basati su scenette farsesche, parodie, canti e danze buffonesche, travestimenti, chiamati fescennini.
Lo spirito farsesco dei fescennini fece nascera la prima forma di drammaturgia latina che si chiamò satura, poi satira che era un misto di danza, musica e recitazione. Con Ennio arriva a genere letterario, a loro seguono i nomi di Pacuvio, Lucilio (con lui assume la caratteristica di critica alla società e ai potenti dell'epoca. Nevio giunge a criticare Publio Cornelio Scipione fatto che gli valse il carcere.
Oltre alla satira c'era la commedia che apparentemente è imitazione di Menandro ma Tito Maccio Plauto adatta i temi e i personaggi greci al pubblico romano, nascondendo in una Grecia improbabile la società a lui contemporanea. A lui sono attribuite 130 commedie, di queste ce ne rimangono 21, tutte riscossero enorme successo, intrecciando le musiche e le danze con intrercci e battute audaci finì per realizzare quasi un musical.
Nasce una letteratura drammatica autonoma con Ennio e Pacuvio che fu elogiato anche da Cicerone. Nasce la necessità di un teatro più raffinato e letterario, che unisca le esigenze del pubblico con quelle dei ceti più colti. In questa linea dopo i fallimenti di Cecilio Stazio, si afferma Publio Terenzio Afro, liberto cartaginese, che scrive commedie delicate, quasi sprovviste di ciò che in seguito venne chiamata vis comica.
Nasce la commedia romana, sganciata dalla greca, viene eliminato il coro, viene introdotto l'elemento musicale, in esse i personaggi femminili sono tratteggiati nella loro psicologia, si chiamerà fabula togata (da toga il mantello romano). Negli ultimi decenni della Repubblica si assiste a una grande crescita di interesse verso il teatro, il pubblico è dotato di un più acuto senso critico al punto da fischiare gli attori che sbagliavano la metrica. Accanto alla commedia ci si appassione anche alla tragedia. Ennio, Pacuvio e Accio furono autori di tragedie che non ci sono pervenute. Seneca, di cui ci è pervenuta la tragedia dal titolo Octavia si distinse per lo spostamento del nodo tragico tra il destino divino e l'umanità, tipica nelle tragedie greche, alla passione che guida i comportamenti umani.
In genere a recitare erano liberi o schiavi, nelle atellane: farse improvvisate, vi erano uomini liberi con la maschera sul volto. Spesso vi erano personaggi fissi: il soldato portava la spada e la clamide, il parassita il mantello. Tra i mimi recitavano anche le donne. In genere gli attori non godevano di buona reputazione, chi saliva sul palcoscenico era equiparato a un prostituto e bollato d'infamia. Alcuni di loro divennero ricchissimi.
L'anfiteatro è un edificio di forma ellittica usato per spettacoli pubblici, a Roma era usato per i giochi di gladiatori e per le venationes scontri tra gladiatori e animali. La differenza con il teatro è che questo è semicircolare con una scena sul lato rettilineo, infatti il nome anfiteatro significa doppio teatro. Il primo teatro romano permanente è stato eretto a Pompei nel 70 a.C. Il più famoso è il colosseo, il meglio conservato è l'arena di Verona.
Il circo è un lugo dove si svolgevano corse di cavalli, deriva dal latino circus, cerchio, perchè il percorso aveva la forma di un anello seppure schiacciato. Il percorso di gara aveva il fondo di sabbia, in latino arena, ed era formato da un rettilineo, una curva di 180 gradi e un altro rettilineo. Al centro vi era una spina che separava i due rettilinei, all'estremità del rettilineo si trovava una colonna chiamata meta, la distanza tra le due mete era di circa 200 metri, ma poteva essere maggiore.
TEATRO DI POMPEO
via di Grotta Pinta, rione Parione
Costruito tra il 61 e il 55 a.C. ed oggi scomparso. Si trovava nella zona attualmente occupata dal cosiddetto Monte della Farina tra Campo de' Fiori e la chiesa di Sant'Andrea della Valle. Fu il primo teatro in muratura di Roma. Eretto per volere del console Pompeo.
Fu per Roma una innovazione straordinaria, la legge romana vietava la costruzione dei teatri in muratura per conservare il carattere sacro del teatro, per aggirare la legge Pompeo costruì su un podio rialzato un tempio a Venere vincitrice. Fu edificata una gradinata di accesso all'area antistante, la cavea fu completata da una scena monumentale lunga circa 90 metri. La cavea aveva un diametro di circa 150 metri arricchita da un monumentale quadriportico con colonne in granito che giungeva all'area sacra di largo Argentina. Qui (all'incirca dove ora è il teatro Argentina) era una grande aula detta Curia di Pompeo, dove si tenevano le riunioni del Senato quando Cesare fu ucciso ai piedi della statua del suo avversario. La statua, ritrovata nel XVI secolo è oggi a palazzo Spada. Augusto fece murare la Curia come locus sceleratus, mentre il teatro rimase in uso fino al V secolo. Un cancelliere di Teodorico ricordava con parole piene di ammirazione i marmi, le sculture e gli affreschi del teatro di Pompeo.
Nel medioevo anche questo grande sito divenne cava di materiali edilizi e i suoi resti servirono di fondazione agli edifici successivi. Il profilo della cavea è ancora riconoscibile in via di Grottapinta, e via del Biscione / via dei Giubbonari. Resti sono presenti nelle cantine dei palazzi e in un albergo che ha preso il nome dal teatro.
ANFITEATRO CASTRENSE
viale Castrense, quartiere Tuscolano
E' il secondo anfiteatro romano, l'aggettivo castrense deve intendersi come "della corte" perchè era incluso nel palazzo Sessoriano che fu residenza imperiale da Eliogabalo fino a Costantino. L'anfiteatro restò in uso fino alla costruzione delle mura Aureliane che lo tagliarono a metà e lo trasformarono in bastione avanzato tramite la tamponatura degli archi della facciata.
Di forma ellittica (m 88 x 75,80) presenta attualmente in vista parte delle fondazioni in cementizio con basalto a causa dell'abbassamento del piano di calpestio. Fino al Cinquecento conservava resti dei due ordini superiori abbattuti per motivi difensivi su ordine di Paolo IV. Il primo livello aveva arcate inquadrate da semicolonne, il secondo aveva arcate con parapetto inquadrate da lesene, nel terzo c'erano finestre con lesene. I capitelli erano corinzi, semicolonne e lesene erano in mattoni, come tutta la struttura, fatto insolito per questo tipo di edificio. Era presente il velarium.
All'interno della struttura si trova l'orto del convento di Santa Croce in Gerusalemme. Resti di ambienti sotterranei furono visti in scavi settecenteschi.
Il palazzo Sessoriano era una grande villa imperiale costruita verso la metà del III secolo d.C. che si sviluppava anche al di là delle attuali mura Aureliane fino a porta Maggiore. IL nome deriva da sedeo soggiorno, nel IV secolo la villa fu residenza di Elena, madre di Costantino. Secondo la tradizione all'imperatrice si deve il trasfporto da Gerusalemme a Roma delle reliquie della Croce di Cristo che fu il motivo per la costruzione della chiesa. Per essa venne utilizzata la Grande Aula del palazzo Sessoriano, di m 39x24 i cui lati maggiori erano aperti da cinque grandi porte alle quali corrispondevano in alto altrettante finestre.
CIRCO MASSIMO
piazzale Ugo La Malfa, rione Ripa
Si trova nella valle tra il Palatino e l'Aventino, è ricordato come sede naturale di giochi fin dagli inizi di Roma, qui sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle Sabine. Essendo vicino al Tevere con la possibilità di approdo il luogo aveva naturalmente la funzione di incontro tra popoli diversi, scambi commerciali, attività rituali (Ara Massima di Ercole) e di giochi o gare.
Le prime costruzioni erano in legno e risalgono a Tarquinio Prisco (VI secolo a.C.), le prime costruzioni in muratura (carceres) al 329 a.C. Fu Cesare a costruire i primi sedili in muratura e a dare forma definitiva all'edificio a partire dal 46 a.C. Augusto decorò la spina con un obelisco egizio di Ramses II che oggi si trova a piazza del Popolo. Nel 357 un secondo obelisco, sempre dall'Egitto, fu collocato dall'imperatore Costanzo II, oggi si trova in San Giovanni in Laterano. Molti restauri vennero fatti negli anni (Tito nell'81 vi eresse un arco monumentale sul lato curvilineo. I resti che ci sono giunti, verso il palazzo della Fao sono dell'epoca di Traiano (103). Le ultime gare vi furono organizzate dal re degli Ostrogoti Totila nel 549.
Le dimensioni erano eccezionali: lunghezza m 621, larghezza m 118, poteva ospitare circa 250.000 spettatori: La facciata esterna aveva tre ordini, quella inferiore era di altezza doppia rispetto alle altre. Sotto la cavea, ma aperte all'esterno vi erano delle botteghe. In origine intorno al Circo Massimo vi era un canale largo 3 metri, poi fu eliminato intubandolo. Vi si svolgevano corse di cavalli che dovevano compiere sette giri in senso antiorario, anche naumachie cioè battaglie navali (il circo era allagato con l'acqua del Tevere).
Sul lato del palazzo della Fao si trova una torretta detta la "Moletta" appartenuta ai Frangipane.
Agli inizi del Novecento l'area era utilizzata in gran parte per scopi agricoli, il livello del terreno era più alto (8 metri). Vi si trovava il cimitero israelitico, dal 1852 un gazometro. I lavori di liberazione si svolsero tra il 1911 e gli anni Trenta.
E' stato spesso scelto per grandi eventi di massa: concerti, spettacoli, manifestazioni politiche e sindacali. Nel 2000 e nel 2001 qui si è tenuta la festa per la vittoria dello scudetto della Lazio, prima, e della Roma poi. Nel 2005, in occasione dei funerali del papa Giovanni Paolo II, sono stati montati alcuni maxi schermi per seguirne l'evento in quanto piazza San Pietro e via della Conciliazione non poteva contenere le folla convenuta per l'occasione. Il 10 luglio del 2006 si sono svolti i festeggiamenti per la vittoria della squadra di calcio dell'Italia ai mondiali che si erano tenuti in Germania. In occasione della notte bianca del 2007 ha ospitato una installazione dell'artista Giancarlo Neri dal titolo "Massimo silenzio", l’area – completamente buia – fu illuminata da migliaia punti di luce a forma di palloncini che cambiavano continuamente colore.
TEATRO DI MARCELLO
via del Teatro di Marcello, rione Sant'Angelo
Costruito a più riprese tra il 46 e il 13 a.C. per volere di Cesare prima e di Augusto poi, che lo dedicò al nipote, figlio della sorella Ottavia, scomparso in giovane età, a lui pensava di trasmettere il potere (una statua in bronzo dorato venne posta sulla scena). Funzionò come teatro fino al IV secolo (anche se nel 370 alcuni blocchi di travertino furono utilizzati per il restauro di ponte Cestio).
La sua costruzione fatta con il patrimonio personale di Augusto, esproprio del terreno compreso, comportò l'abbattimento di parte del circo Flaminio - che da allora divenne una semplice piazza - e lo spostamento di alcuni edifici sacri come il tempio di Apollo Sosiano e il tempio di Bellona. Vari i restauri nel corso dei secoli.
Nel medioevo si trasformò in castello fortificato, fu proprietà dei Pierleoni, poi dei Faffo e dal XIII secolo dei Savelli che diedero incarico a Baldassarre Peruzzi di erigere il palazzo tutt'ora esistente sopra le arcate della facciata. Nel Settecento passò agli Orsini a cui ancora appartiene nonostante gli espropri degli anni Trenta nei quali furono eliminate le botteghe e abitazioni che occupavano le arcate e lo spazio circostante. I fornici interrati per circa 4 metri furono riportati alla luce.
La cavea a pianta semicircolare è sorretta da sostruzioni, muri a raggiera, collegati da volta a botte inclinate sotto i gradini della cavea, vengono interrotti da due ambulacri concentrici, uno esterno, che si apre con arcate e uno più interno. Gli ambienti più esterni furono utilizzati fin dalla costruzione come botteghe. Un ambiente centrale presenta sulla volta decorazioni in stucco bianco articolata in tondi e ottagoni con figure di repertorio. Il teatro poteva ospitare 15.000 persone, in casi particolari si poteva arrivare a 20.000.
La facciata in travertino presentava tre ordini, i due inferiori con le arcate inquadrate da un ordine di semicolonne doriche (prive di base) al piano terreno e ioniche superiormente. Originariamente le arcate erano 41. I due ordini sono separati da una fascia con risalti in corrispondenza delle semicolonne, che funge da marcapiano. Dell'attico restano poche tracce. Le chiavi d'arco erano decorate da grandi mascheroni teatrali in marmo bianco, alcuni sono stati recuperati. L'altezza originaria doveva così raggiungere i 32,60 metri circa (oggi misura 20 metri).
A causa della natura paludosa del terreno, vicino al fiume, le fondazioni furono rafforzate con pali di rovere, sopra i quali venne gettata una piattaforma di calcestruzzo. La cavea del diametro di 129,80 metri, era divisa in una parte inferiore accessibile dall'ambulacro, una intermedia accessibile dal secondo piano e una parte superiore accessibile dall'ultimo livello. Presso l'orchestra sono venuti alla luce i posti in marmo con seggi riservati alle autorità.
La scena - celebrata per la sua sontuosità - è completamente perduta ma ci rimane in un frammento della Forma Urbis Severiana, la pianta di Roma del III secolo. Aveva un portico di sei colonne rivolto all'esterno, ai lati due aule con volte a crociera, dietro la scena due tempietti.
TEATRO DI BALBO
via delle Botteghe Oscure, rione Pigna
Voluto da Lucio Cornelio Balbo, banchiere e amico di Augusto, inaugurato nel 13 a.C. e di cui oggi rimangono pochi resti in via delle Botteghe Oscure. Era uno dei tre teatri di Roma antica, il più piccolo ma anche il più elaborato per le decorazioni che lo ornavano.
Distrutto da un incendio durante l'impero di Tito, probabilmente nel 79 stesso anno della distruzione di Pompei, venne restaurato da Domiziano. Nel medioevo, all'interno delle sue arcate vi si stabilirono delle botteghe per cui la strada che vi passava davanti si chiamò via delle Botteghe Oscure.
Il teatro poteva ospitare 7.700 persone, fra le altre decorazioni che lo rendevano famoso vi erano sei colonnine in onice. Alle spalle era la Crypta Balbi, oggi una delle sedi del Museo Nazionale Romano, che documenta l'evoluzione della zona dal periodo romano al medioevo all'età moderna fornendo un esempio chiaro di riutilizzo di ambienti antichi. Occupa un intero isolato con la superficie di metriquadri 7.000.
ANFITEATRO DI STATILIO TAURO
piazza Montecitorio, rione Colonna
Primo anfiteatro di Roma costruito in muratura e risalente al 29 a.C. oggi distrutto, sorgeva nei pressi dell'attuale palazzo di Montecitorio. Fu costruito da Tito Statilio Tauro, a proprie spese, si tratta di un politico romano dell'epoca di Augusto che fu anche console e generale. Sappiamo che pur essendo in pietra l'arena era in legno.
Fu totalmente distrutto dall'incendio di Roma del 64, sotto Nerone.
Il palazzo fu voluto dal papa Innocenzo X come residenza per la famiglia Ludovisi, il papa lo commissionò a Gianlorenzo Bernini. Bernini concepì un palazzo che nella facciata lievemente curva, segue l'andamento della collina e gli elementi di pietra appena sbozzata, dai quali fuoriescono fogllie e rametti, simulano un edificio costruito sulla viva roccia. I lavori si interruppero per la morte del papa. Ripresero - trent'anni dopo - da Innocenzo XII per destinarlo a ospizio per i poveri, poi fu attribuito al massimo organo giudiziario dello Stato: la Curia Pontificia, per cui venne chiamato Curia Innocenziana. Con la morte del Bernini la direzione dei lavori passò a Carlo Fontana che modificò profondamente il progetto originale conservandovi la facciata convessa e aggiungendovi il campanile a vela. La Curia fu inaugurata nel 1696. Oltre ai tribunali vi ebbero sede il governatorato di Roma e la direzione di polizia.
Con l'Unità d'Italia il palazzo venne espropriato e destinato a sede della Camera dei Deputati, fu necessario adattare il palazzo alle nuove funzioni. L'arch. Ernesto Basile costruì una nuova ala che affaccia su piazza del Parlamento, l'aula delle sedute e il cosiddetto Transatlantico. Questo nuovo complesso fu ideato nello stile liberty e inaugurato nel 1918. Circonda l'aula il fregio di Giulio Aristide Sartorio dedicato alla storia del popolo italiano mentre, alle spalle dello scranno del presidente, si trova il pannello bronzeo con la "Glorificazione della casa Savoia" di Davide Calandra.
STADIO DI DOMIZIANO
piazza Navona, rione Parione
Lo stadio di Domiziano è attualmente occupato da piazza Navona: uno dei complessi urbanistici più armoniosi e spettacolari di Roma e del barocco. La piazza conserva dello stadio la forma e le dimensioni: m 240 x 65.
Il nome - navona - deriva per corruzione dai giochi agonali che si tenevano in quel circo, di cui sono conservati resti cospicui sotto l’atrio della casa al n. 49, sul lato curvo (visibili dalla retrostante via Zanardelli). Pompe storiche, feste popolari, corse e giostre si svolsero attraverso i secoli nella piazza. Dal secolo XVII alla metà del XIX, i sabati e le domeniche di agosto, la piazza, che allora aveva il fondo concavo, veniva in parte allagata e vi entravano, ornati a festa, gli equipaggi dei prelati e dei principi, intorno ai quali si sfrenava la più vivace gazzarra del popolino. Oggi vi si tiene, in occasione dell’Epifania, un mercato di giocattoli e di dolciumi.
Tre fontane ornano la piazza lungo la linea mediana. A Sud di fronte al palazzo Pamphili, è la FONTANA DEL MORO, cosiddetta per la statua dell’etiope che lotta con un delfino, scolpita da Giovanni Antonio Mari (1655) su bozzetto del Bernini.
Al centro, domina la piazza la grande FONTANA DEI FIUMI (1651) una delle più belle e fantasiose opere del Bernini, che si conquistò con essa il favore e la protezione di Innocenzo X, dapprima a lui ostile.
Nel mezzo di un vasto bacino rotondo si leva una scogliera scavata da grotte, donde escono ad abbeverarsi nella vasca (alimentata da otto getti d’acqua) un leone e animali fantastici. Sulla scogliera siedono le personificazioni del Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata a simboleggiare le quattro parti del mondo allora conosciute. Sopra la scogliera, vuota nel mezzo, quasi a sfidare le leggi della statica, il Bernini alzò arditamente un obelisco, imitazione romana dei tempi di Domiziano, proveniente dal circo di Romolo.
In fondo alla piazza (lato Nord) è la FONTANA DEL NETTUNO, già detta dei Calderari, con bacino e vasca polilobati, pure del Della Porta (1574), rimasta disadorna fino a che, per creare un riscontro a quella del Moro, non vi furono collocate le sculture eseguite, a seguito di un concorso (1873), da Antonio Della Bitta (Nettuno in lotta con una piovra) e da Gregorio Zappalà (Nereidi, putti e cavalli marini).
A metà del lato Ovest della Piazza è la chiesa di SANT’AGNESE IN AGONE, eretta sul luogo ove, secondo la tradizione la santa fu esposta nuda alla gogna e fu ricoperta dai suoi capelli scioltisi prodigiosamente. L’attuale costruzione fu cominciata da Girolamo e Carlo Rainaldi (1652) sotto Innocenzo X e compiuta dal Borromini (1653-57), che la modificò sensibilmente e al quale si devono la concava facciata a un solo ordine di pilasti e colonne, e l’alta CUPOLA, i campanili gemelli sono su disegno del Borromini, con intervento di Antonio Del Grande e di Giovanni Maria Baratta.
A sinistra della chiesa, l’ampia, complessa ma alquanto piatta facciata del PALAZZO PAMPHILI, di Girolamo Rainaldi (1644-50), donato da Innocenzo X alla cognata Olimpia Maidalchini, antipaticamente nota come la Pimpaccia di Piazza Navona o la "Olim Pia". Nella volta del grande salone, Fatti della vita di Enea, affresco di Pietro da Cortona (1651-54). Il palazzo è sede dell’ambasciata del Brasile e del centro di cultura italo brasiliano.
lato corto della piazza c’è il lato posteriore di palazzo Braschi e la piccola, robusta facciata cinquecentesca del PALAZZO LANCELLOTTI, di Pirro Ligorio, tutte a bugne, risaltanti agli spigoli e attorno al portale arcuato.
Di fronte al palazzo Pamphili sorge NOSTRA SIGNORA DEL SACRO CUORE, già San Giacomo degli Spagnoli, la prima chiesa eretta in Roma dopo il ritorno dei papi da Avignone. Fondata dal vescovo sivigliano Alfonso Paradinas, in occasione del Giubileo del 1450, venne costruita in due tempi. La parte più antica è quella verso la Sapienza (ne è stato demolito il transetto per l’apertura di corso Rinascimento).
ANFITEATRO FLAVIO
piazza del Colosseo, rione Celio
Il suo vero nome è anfiteatro Flavio, venne così chiamato per la vicinanza con la statua colossale di Nerone , che si ispirava al colosso di Rodi, posta all’ingresso della Domus Aurea. Il nome Colosseo compare dall’anno 1000.
Fu iniziato da Vespasiano nel 72 e terminato dal figlio Tito della famiglia Flavia nell’80, inaugurato con feste che si dice durassero 100 giorni con l’uccisione di belve e la morte di molti gladiatori. Vi si diedero combattimenti di gladiatori, venationes o cacce di bestie feroci e naumachie o combattimenti navali (queste ultime solo nel primo periodo di vita del Colosseo); Domiziano lo completò con l’ultimo ordine di gradinate. Fu restaurato sotto Alessandro Severo, per essere stato danneggiato da fulmini nel 217. I combattimenti di gladiatori vi durarono fino al 404 quando furono soppressi da Onorio forse dopo il sacrificio del monaco Telemaco che, cacciatosi arditamente nell’arena per impedirli fu ucciso dalla folla, quelli tra le belve fin verso la metà del VI secolo.
Danneggiato più volte nel corso della storia da terremoti, fu trasformato in parte in fortezza dai Frangipani e passò poi agli Annibaldi. Nel 1312 l’imperatore Enrico VII lo diede al Senato e al popolo di Roma.
Dal XV secolo l’anfiteatro divenne una vera cava di travertino da cui si trasse il materiale per costruire palazzo Venezia, quello della Cancelleria, il porto di Ripetta e san Pietro in Vaticano. Finalmente Benedetto XIV (1740-58) lo consacrò alla passione di Cristo e lo dichiarò sacro per il sangue che vi avrebbero versato i martiri; da quel momento le devastazioni cessarono e per
iniziativa di San Leonardo da Porto Maurizio furono costruite 14 edicole per la via Crucis. Pio VII, Leone XII, Gregorio XVI e Pio IX vi fecero notevoli lavori di riparazione.Con l’unità d’Italia, sotto il ministro Guido Baccelli (1893-96) importanti lavori furono intrapresi per l’isolamento esterno e lo scavo all’interno delle strutture sotterranee. In tale occasione furono demolite le edicole della via Crucis mentre la croce di legno è stato ripristinata recentemente. "Un intervento conservativo è stato condotto nel 1983-88, un altro è iniziato nel 1992". Il 2 novembre del 2010 Diego Della Valle ha annunciato che finanzierà il restauro con 25 milioni di euro. Nell’ottobre del 2010 hanno aperto al pubblico il terzo anello e i sotterranei, la visita avviene per appuntamento ed è accompagnata. Il Venerdì Santo vi si tiene la via Crucis con la partecipazione del Papa.
L’anfiteatro ha la forma di una ellissi avente l’asse maggiore di 188 metri, il minore di 156 e la circonferenza di 527. Lungo l’enorme perimetro gira e si innalza per 57 metri la solenne architettura esterna di travertino, costituita da tre piani sovrapposti di arcate su pilastri contro cui sono addossate le semicolonne dei tre
ordini dorico, ionico e corinzio; corona l’edificio un quarto ordine di snelle lesene corinzie contro muratura piena, simile a un altissimo attico, con piccole finestre rettangolari; a due terzi di altezza di quest’ordine gira una corona di grosse mensole equidistanti: servivano di appoggio ai pali i quali, infilati nei fori corrispondenti aperti nel cornicione terminale sostenevano il velario che proteggeva gli spettatori dai raggi del sole ed era manovrato dai marinai appositamente addestrati. I blocchi di travertino erano in origine uniti con grappe di ferro, che furono strappate nel Medioevo lasciando i fori che ancora si vedono.La costruzione era di travertino, tufo, mattoni e calcestruzzo; di marmo nell’interno. Si calcola che complessivamente siano stati messi in opera più di 100.000 metri cubi di travertino, oltre ai marmi e altri materiali, e che per i perni di collegamento dei blocchi siano occorse circa 300 tonnellate di ferro. Malgrado i danni, il monumento conserva ancora il suo aspetto di indicibile grandiosità, il lato Nord Est è quasi intatto. I fornici o arcate di ingresso erano LXXX, numerati progressivamente salvo quelli che si aprivano in corrispondenza dei diametri dell’ellissi poiché fungevano da ingresso all’arena. L’arcata di Nord Est, più larga delle altre e col cornicione interrotto, introduce in una sala decorata di stucchi, forse per gli imperatori che di là andavano a occupare il loro posto. Gli spettatori entravano ciascuno per l’arcata il cui numero corrispondeva a quello della propria tessera, salivano la scala e sboccavano quindi nella cavea da 160 vomitori.
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Piero Tucci
15.09.13
tuccigf@tiscali.it
http://inbiciperoma.blogspot.com